Con i piedi per terra…

Quante volte abbiamo sentito parlare di una persona nei termini di “ha la testa fra le nuvole” o “cammina a un metro da terra” riferendosi ad atteggiamenti superficiali o di disattenzione, e di contro quante volte abbiamo sentito dire “quello ha i piedi per terra”  per descrivere qualcuno che nella vita è stabile?

Simbolicamente questi modi di dire ci sono ben chiari, ma forse non abbiamo mai fatto caso che anche fisicamente abbiamo dei riscontri concreti.

Se ci fermiamo ad osservare notiamo che l’appoggio dei piedi a terra cambia da persona a persona, e tra noi e gli altri, e non dipende solo dalla morfologia del piede.

Alcune persone hanno un tipo d’appoggio che non consente di avere tutta la pianta appoggiata a terra; il  piede ha un arco plantare troppo sollevato, c’è una scanalatura in questa zona interna che non consente di avere presa sul terreno,  quindi l’appoggio è sicuramente ridotto. Per fare un esempio, pensiamo a come abbiamo i piedi quando usciamo dalla doccia, con le dita contratte cercando di non bagnare il pavimento. È proprio con questo tipo di appoggio che si cade più facilmente….

Questo tipo di piede, corrisponde a una determinata struttura caratteriale, che è caratterizzata dal non avere un buon appoggio a terra e, facendo un parallelo psicologico, dal non avere un buon contatto con la realtà. Quello che siamo lo dimostriamo in molteplici modi: struttura fisica, comportamento, modo di muoversi, modo di agire, posture e così via. Non avere appoggio, significa non potersi fidare del pavimento, non potersi fidare della realtà, essere in qualche modo aggrappati a questa realtà ma non sentirla pienamente quindi non poter mai essere sicuri né di noi né degli altri, perché non sappiamo appoggiarci.

I salti più alti si possono fare se si arriva in basso, si sente bene l’appoggio, poi si parte; se c’è uno scarso arrivo dell’energia a terra c’è una scarsa espansione dell’individuo verso l’esterno.

Allo stesso modo invece un piede che è collassato, il piede piatto per intenderci, ha lo stesso uno scarso appoggio a terra perché si lascia andare, cede e quindi non ha praticamente l’energia di ritorno. E’ come se cedesse al peso degli altri, al peso di tutto…. non è reattivo, non ha l’energia per reagire affermandosi.

Da qui il concetto di stare; si può stare in tanti modi: se non c’è contatto, non c’è appoggio; se sono completamente collassato sul posto non solo non sono reattivo ma sono proprio bloccato.

Quando parliamo di appoggio parliamo di un appoggio tonico che ci permette di sentire il contatto ma di muoverci nel mondo.

L’approccio dell’Analisi Bioenergetica di A. Lowen, introduce il concetto di grounding (radicamento). Grounding  consiste nel contatto tra i piedi e il terreno sottostante, il radicamento della persona a terra. Avere grounding significa, in senso lato, avere i piedi per terra, essere in contatto con la realtà.

La maggior parte delle persone sono centrate nella parte superiore del corpo, soprattutto nella testa.

Questo stare con la “testa fra le nuvole” ,  può dare un senso di carica e di eccitazione, ma allo stesso tempo anche di angoscia e pericolo, pericolo di cadere.

Lo stare in piedi può sembrare una cosa abituale, e lo è, ma è importante capire come lo si fa, e avere una consapevolezza diversa di questa funzione, che non è soltanto fisiologica ma che sottende un correlato emotivo, cioè come la persona sta al mondo.

A volte si confonde l’appoggio solamente con il premere, con lo stare, mentre,  l’appoggio dev’essere un appoggio tonico, vivo.

Nel sistema energetico di un organismo l’essere ben radicati ha la stessa funzione che svolge la terra in un circuito elettrico ad alta tensione. Fornisce una valvola di sicurezza per la scarica dell’eccitazione in eccesso. In un sistema elettrico un accumulo improvviso di carica potrebbe far bruciare una parte o provocare un incendio. Nella personalità umana l’accumulo di carica potrebbe essere altrettanto pericoloso se la persona non fosse ben salda. L’individuo potrebbe scindersi, provare ansia o cadere in una crisi.

Annalisa Avancini